I TRE FIGLI… una storia che deve far meditare

Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi. Le donne lodavano i rispettivi figli. “Mio figlio”, diceva la prima, “è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari”. “Mio figlio”, sosteneva la seconda, “canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua”. “E tu, che cosa dici di tuo figlio?”, chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio. “Non so che cosa dire di mio figlio”, rispose la donna. “E' un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...”. Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle. Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti. Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro. Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!". Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo. Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "E' un angelo!". Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei. Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?". "Figli?", esclamò meravigliato il vecchio. "Io ho visto un figlio solo!".

 

Cari genitori dei ragazzi delle scuole medie e delle scuole superiori, ho scelto questa storia per precisare alcuni aspetti che ritengo fondamentali in ordine alla crescita dei figli e alle scelte che stanno loro davanti. Tutta questa riflessione nasce, ahimè, da una constatazione triste: ai vostri figli sono state fatte delle proposte per poter vivere proficuamente l’estate, ma la risposta e l’adesione alle proposte è stata scarsa. Le domande che mi frullano in testa trovano risposta in questa storia. Di fronte a voi, cari genitori, vi sono tantissime proposte educative che mirano a sviluppare le capacità e le abilità dei vostri figli. Anche voi, ne sono convinto, desiderate che vostro figlio sviluppi le proprie doti e abilità. Ma l’impressione, sempre più suffragata dalla certezza, è che forse ci stiamo allontanando dalla dimensione più semplice e naturale che ci sia: far crescere uomini capaci di aiutare chi ha bisogno, capaci di sentire e vedere le necessità che li circondano, capaci di palpitare di fronte ai bisogni dell’altro. Rischiamo di far crescere abili professionisti o incantatori che poi però non sanno prendere per mano la vita di chi sta loro accanto. Ecco il senso delle attività estive che le parrocchie si impegnano a pensare, programmare, preparare, condurre. Ecco il senso della proposta di essere animatore del Grest, del campo al Sermig di Torino per i ragazzi di II superiore (ascoltare con il cuore e sporcarsi le mani per chi fa fatica a vivere), e del campo ad Assisi per i giovani di III e IV superiore (l’itinerario di conversione di San Francesco è iniziato baciando e servendo i lebbrosi!!!). E non importa se, agli occhi degli altri, sembrano essere ragazzi che non sanno fare niente di speciale. Portare la brocca d’acqua di chi ti cammina accanto e ha bisogno di una mano, val più di fare chissà quali salti mortali o cantare come un usignolo (alla faccia di chi ha inventato trasmissioni televisive stile “Amici”).

Questo tipo di ragazzi vorremmo vedere crescere e ci impegniamo, nonostante tanta fatica, ad educare.

 

don Alberto