Vado a messa quando me la sento

Alzi la mano chi non ha mai sentito questa frase quando, tra persone che appena si conoscono, il discorso cade sulla frequenza ai sacramenti e alla messa domenicale. Il “quando me la sento” sembra essere diventata  la regola suprema delle nostre scelte nel nutrire la fede. Ma è lo stesso che dire alla persona che si ama: “Caro (o cara), ti amo quando me la sento o ne ho voglia”. Scegliere di amare una persona, sia essa il marito o la moglie, il fidanzato o la fidanzata o Gesù stesso, sarebbe dettato dalla voglia come quella di prendersi un gelato. In altre parole ci affidiamo all’emozione del momento, mentre la volontà e l’impegno a vivere una scelta ben precisa, anche e soprattutto quando comporta dei costi, non esistono più. Nulla di strano allora che, ad esempio, sia meglio convivere che sposarsi secondo un’ottica in cui tutto è provvisorio e liquido, con tanti saluti alla volontà.

Se poi a chi va a messa “quando se la sente” rispondi che la fede, espressa anche nell’andare a messa, non è solo l’emozione di un momento o un fatto puramente individuale, ma, come scelta, dipende da una precisa volontà e ha una sua dimensione comunitaria, ti senti ribattere che lui è più cristiano nella vita quotidiana di chi va a messa tutte le domeniche. E già qui siamo fuori dell’ottica cristiana! Ricordate il fariseo? Io non sono come quel pubblicano, sono molto migliore! Ma se ne tornò con un peccato in più. Essere cristiano, praticante o meno, significa prima di tutto riconoscersi peccatore e bisognoso del perdono del Signore e se chi frequenta i sacramenti non ha titolo a sentirsi superiore, la regola vale anche per chi li frequenta “quando ne ha voglia”. In realtà, se gratti sotto, vieni a scoprire che c’è, in simili affermazioni, da un lato l’ignoranza anche dei più semplici contenuti della fede cristiana, dall’altro dei comodi alibi per evitare l’impegno che una scelta di fede comporta.

Sono considerazioni queste che, a chi scrive, venivano in mente qualche domenica fa durante un incontro tra genitori in preparazione alla prima comunione dei figli. Affermazioni come quella del titolo facevano, in quell’occasione, il paio con l’altra che si potrebbe riassumere in “Cristo sì, Chiesa e preti no” e giù ad elencare tutte le magagne della Chiesa di ieri e di oggi con i soliti luoghi comuni triti e ritriti.

L’impressione è che in tante famiglie si stia andando verso una deriva in cui la fede viene via via sostituita da un vago sentimentalismo religioso in cui si può far rientrare di tutto e di più (compresi pure sacramenti come il battesimo, la cresima e la comunione vissuti come momenti di convivialità con amici e parenti anziché come tappe di un cammino di fede) in una sorta di New Age dove il ruolo salvifico di nostro Signore non ha più tanto senso perché ci salviamo da noi aderendo a un non meglio precisato spirito divino presente nella natura. A proposito di natura, sempre in quell’incontro, un altro luogo comune ricorrente era che si può rendere lode a Dio e pregare senza bisogno di andare in chiesa, magari davanti a un bel paesaggio in montagna . Certo, soprattutto se è una bella domenica e mi evita l’incomodo di alzarmi ad un certo orario per andare a messa! E siamo sempre o all’ignoranza dei contenuti o all’alibi.

Pietro