PAGINE DI RICORDI PERSONALI
Don Luigi Ceccato è stato parroco nella comunità di Fonte Alto durante un difficile periodo: la fine del fascismo e la ricostruzione del dopoguerra.
Lo ricordo come un padre al quale potevo rivolgermi quando qualcosa non andava.
Era un grande predicatore, riusciva a catalizzare sempre, in ogni occasione, l’attenzione di tutta l’assemblea.
La sua devozione al Signore era grande e profonda, per lui il digiuno e la penitenza erano una quotidiana abitudine.
Era bravissimo a suonare l’organo, m’incantava ogni volta che lo sentivo.
Non lo ricordo come una persona cattiva o troppo severa, piuttosto come una persona che sapeva farsi ascoltare, senza opprimere nessuno.
Per me e per molti altri, Don Luigi era il punto di riferimento.
Era coraggioso e questo lo contraddistingueva da tanti altri: era stato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, dove aveva ricoperto il ruolo di cappellano militare. Aveva addirittura combattuto in prima linea, corpo a corpo con la baionetta.
Non si spaventava di fronte a nulla, anche i soldati fascisti, che più di una volta lo avevano minacciato con la pratica dell’olio di ricino, non lo avevano intimidito!
Alle intimidazioni del nemico, con molta pacatezza, lui rispondeva così:
“Se non avete fatto la guerra non potete parlare, voi non siete fascisti, siete solo dei ragazzi!”.
Grazie alla sua schiettezza, era rispettato dai tedeschi, per questo non si sono mai permessi di sfiorarlo nemmeno con un dito, e nemmeno di spedirlo nei campi di concentramento.
Don Luigi, durante una delle sue prediche, chiese un voto a tutti noi cittadini di Fonte: se fossimo stati risparmiati dagli orrori della guerra (impiccagioni, esili in Germania e case incendiate, per il minimo sospetto di combutta con i partigiani o per ribellione), avremmo dovuto fare un pellegrinaggio a Padova, per ringraziare Sant’Antonio.
Finita la guerra andammo a Padova: i tedeschi avevano risparmiato la nostra comunità.
Verso la fine della guerra, la popolazione fu anche consacrata al Sacro Cuore di Gesù. Si fece il voto di festeggiare il giorno del Sacro Cuore, il venerdì dopo il Corpus Domini, perchè il nostro paese fosse risparmiato dagli orrori della guerra. Il giorno di questa ricorrenza, facevamo una grande festa e tutti restavamo a casa dai campi.
A quei tempi, quando qualcuno in famiglia o qualche animale domestico stava male, non si andava dal medico o dal veterinario, ma dal parroco a chiedere una benedizione.
Ricordo che, all’ età di dodici anni, andai da Don Luigi per chiedere una benedizione per il mio cavallo moribondo, importante fonte di guadagno per la mia famiglia.
In lacrime entrai in canonica e gli chiesi di farlo guarire. Lui mi rispose:
“Il tuo cavallo non morirà!”.
Io tornai a casa e trovai l’animale nel pieno delle sue forze. Non so se si trattò di una coincidenza, ma vi assicuro che successe davvero.
Durante i periodi di siccità, guidati da lui, andavamo al Covolo a pregare la Madonna affinché facesse piovere. Ho un ricordo particolare.Una volta, appena finita la liturgia,dal cielo scese una pioggia talmente violenta che ci fece ritardare il rientro.
Il ricordo di don Luigi è ancora vivo nella mia memoria, come penso sia ancora vivo nella memoria delle persone appartenenti alla mia generazione. Per noi è stato importante e lo ricordiamo con affetto!
Ines Suman
Don Luigi ha scritto diverse composizioni musicali. Questo frammento è la conclusione del Gloria di una Messa.
E’ un frammento di ricordo, assai sbiadito dal tempo. Ero bambino, ( più o meno avevo 8-9 anni), tutta la comunità fontese tornava da un pellegrinaggio alla Madonna del Covolo, naturalmente a piedi. Solo qualche fortunato aveva la bicicletta, e uno di questi, grazie a Dio e a “me zia siora”, era il sottoscritto. Ma volle il destino che anche un’altra persona ne possedesse una, che dal basso orizzonte dell’ allora mia bassa statura, mi sembrava grande come un monumento, compresa naturalmente la persona che ci sedeva sopra. Era Don Luigi Ceccato che, ad un certo punto, ingranò la marcia, ci salutò, e partì a tutta velocità verso Fonte. “No me pareva gnanca vera”. Io avevo interpretato quel gesto come una sfida. Era, forse, un gesto eroico per me potergli stare a ruota, incitato anche da Don Erasmo: “Dai Luigino, ciapeo!”. Ma il tentativo supremo durò assai poco: alla prima curva, dove ci sono gli attuali campi sportivi di Crespano, il povero sottoscritto andò a spianare con corpo e … bicicletta alcuni metri di ghiaia sottostante, con i conseguenti risultati “catastrofico-fisici” che ben si possono immaginare. L’ultima immagine che ricordo subito dopo il capitombolo, è quella di una tonaca nera, impolverata, che si dileguava nel vasto orizzonte.
Si seppe in seguito che la fretta di partire del Don in questione era giustificata dal fatto che doveva recarsi urgentemente all’ospedale di Castelfranco per visitare alcuni ammalati.
Caro Don Luigi Ceccato sei stato un meraviglioso atleta, un integerrimo campione di Carità!.
Luigino Giomo
Ricordi di un pellegrinaggio in Egitto.
Il mio primo ricordo di Don Luigi Ceccato risale al giorno del suo ingresso a Fonte come parroco: proprio io ,alle porte della chiesa, lo accolsi a nome di tutta la parrocchia.
Avevo appena 6 anni e gli rivolsi il saluto di benvenuto che le suore mi avevano insegnato.
Da quel momento mi sono sempre sentito legato a lui e alla chiesa e, per ben 7 anni, ho fatto il chierichetto. Ricordo, un anno, il giorno di S.Agnese, io e mio fratello minore dovevamo fare i chierichetti alla messa delle 5.30 del mattino. Faceva molto freddo, la strada era ghiacciata e non riuscivamo a stare in piedi, così alla messa arrivammo in ritardo. Al termine della celebrazione, in sacrestia il parroco ci diede uno schiaffo a ciascuno. Noi sapevamo che, per il nostro ritardo, avrebbe reagito così, conoscevamo il suo carattere impulsivo, però aveva anche un buon cuore. Uscimmo dalla chiesa e, mentre scendevamo le gradinate, vedemmo Don Luigi partire dalla canonica in sella alla sua bicicletta. Arrivato sulla strada, che era ancora ghiacciata, scivolò facendo un capitombolo, finendo lui da una parte della strada, la bicicletta dall’altra. Subito ci spaventammo e ci preoccupammo, ma, quando ci rendemmo conto che non si era fatto male, la nostra preoccupazione si trasformò in una sonora risata, pensando anche che la causa del nostro castigo era la stessa della sua caduta.
Crescendo sono sempre stato legato a quel parroco. La sera prima di partire per il Canada sono andato a salutarlo e poi ci siamo sempre tenuti in contatto. Nelle mie lettere gli raccontavo la mia dura vita da emigrante e le difficoltà degli italiani all’estero. Sia lui che,più tardi, Don Erasmo Pilla, mi riferirono che proprio sentendo i problemi di noi emigranti italiani rispetto agli europei per quanto riguardava la lingua e la scarsa preparazione professionale , nacque l’idea di fondare il Centro di avviamento professionale.
Mi trovavo ancora in Canada quando ho saputo della sua morte, fu per me un grande dispiacere, ancora oggi spesso lo ricordo.
Ho conosciuto Don Luigi Ceccato nell’anno 1949. All’epoca avevo sei anni e frequentavo la prima elementare. L’anno successivo, il 1950, ho iniziato a fare il chierichetto proprio per don Luigi, alzandomi ogni mattina alle ore 5,00 per assistere alla messa.
Il dopoguerra aveva lasciato il paese in una situazione di grave povertà, anche nella mia famiglia era un momento difficile. Mio padre tornò dalla guerra ammalato di malaria, perciò non poteva lavorare. La sua malattia non fu riconosciuta. Don Luigi, allora, trovò un lavoro per mia madre: faceva l’inserviente al collegio S.Vincenzo dei Filippin. Noi bambini, ogni giorno, andavamo, dopo la scuola, a piedi, al collegio, a mangiare ciò che rimaneva del cibo degli studenti. Tornando, per strada, raccoglievamo la legna che serviva a casa.
Quando io e mio fratello andavamo a “servire Messa”, ogni tanto don Luigi ci dava in mano una busta per i genitori. Con grande sorpresa vi trovavamo 500 o 1000 lire… Faceva la carità a noi più poveri del Paese! Questa somma ci aiutava ad andare avanti un po’ di giorni.
Spesso, sapendo che mia madre doveva recarsi ad Onè per qualche piccola spesa, don Luigi la chiamava in canonica e le consegnava una busta da recapitare al Signor Facco.
La signora Facco l’apriva, dicendole: “Signora, per favore, aspetti, torno subito”. Mia madre non capiva cosa volesse…La signora poi arrivava con un pacco: “Questo è per lei!”
Quanto sarà arrossita la mia povera mamma in quei momenti?
Sicuramente si vergognava e pensava:” Guarda don Luigi come se l’è studiata bene per farmi avere della carità!”.
Giunta a casa, noi ragazzini la circondavamo, desiderosi di scoprire il contenuto del pacco.
Trovavamo: pantaloni, camicie, calzini, tutto per noi. Quanto felici eravamo e quanto bene ci voleva don Luigi!
Mi è rimasto impresso un ricordo di lui. Un giorno, recatomi in canonica, intravidi per caso sotto la sua tonaca un cordone con i nodi per fare penitenza…
Finite le scuole elementari, ad undici anni, a parere di don Luigi ero un ragazzino che prometteva bene: andavo bene nello studio e m’impegnavo molto.
Egli consigliò mia madre di mandarmi a studiare nel collegio dei Salesiani di Bivio di Cumiana, a Torino, assieme ad altri tre amici.
Lì, feci un anno di studio e lavoro. Tornato a casa, confidai a mia madre che lo studio mi piaceva molto, ma il Seminario non era la mia strada. Dicevo:”La tonaca da prete io non la voglio!” Però la passione per lo studio, sì, c’era ed era molto forte. Fui costretto a ritornare a Fonte, anche per il costo elevato della retta scolastica. La mia famiglia non poteva permettersi la spesa di 3000 lire al mese. Lavorava solo mia madre e guadagnava 5000 lire che non bastavano fino alla fine del mese.
Anche un altro aiuto ci diede don Luigi. Con il gruppo dei “Tre L’Orienti”, allora formato da uomini, egli riusciva a racimolare soldi o prodotti della terra, che donava in parte alle famiglie più numerose.
Don Luigi è stato un “Grande, Grande Sacerdote” molto caritatevole, molto attento ai più bisognosi.
Ha fatto molto per la mia famiglia: ci ha aiutato a vivere, a tirare avanti finché io e mio fratello siamo cresciuti e abbiamo iniziato a lavorare.
Il suo ricordo è ancora vivo in noi. Grazie Don Luigi!
Una delle tante foto che ritraggono Don Luigi insieme ai coscritti radunati in occasione della visita di leva. Questa è la classe 1924.
Irmo Faganello, sua moglie e la cognata Pinetta erano giovani nel periodo in cui don Luigi Ceccato è vissuto a Fonte e ne conduceva la parrocchia. A distanza di sessant’anni i loro ricordi sgorgano freschi dalla memoria e rievocano volentieri la figura del parroco di allora.
- Subito dopo la guerra noi giovani facevamo parte quasi tutti dell’ACR, – racconta la signora Pinetta che fu membro della direttiva – e l’ACR era seguita con molta passione e dedizione da don Luigi che spesso organizzava degli esercizi spirituali per i ragazzi ma anche per tutti i parrocchiani, servendosi della struttura dell’asilo. Ci teneva molto alla formazione in generale ma in particolare nel caso delle persone che avevano responsabilità nell’Azione Cattolica e regolarmente le mandava a S. Zenone perché si preparassero adeguatamente.
- Com’era la reazione della gente davanti al carattere imponente del nuovo parrocco?
- La gente all’inizio diceva che era un comandante ufficiale ma dopo hanno capito com’era. Lui pareva un orso ma era molto sensibile. Ai funerali di don Luigi, Mons. Carraro lo ha descritto con queste parole: “sotto una scorza dura conteneva un tenero amore”.
- Era un tipo comandante con regole precise – prende la parola il signor Irmo – ed era molto scrupoloso nel rispettare e nel far rispettare i paletti stabiliti. Era caratterizzato da molta severità, infatti quando riteneva necessario, usava anche la mani.
- Gli piaceva esser il padrone – conferma Pinetta – e teneva sotto controllo la situazione anche nelle cose quotidiane. Per esempio quando c’era qualche festa, matrimonio presso una casa, don Luigi la sera andava là per spiare se la gente ballava. Il ballo era considerato uno scandalo. Allo stesso modo non era permesso di andare in chiesa con le maniche corte, per non fare scandalo. Comunque era un predicatore molto apprezzato, venivano anche da altre parrocchie per ascoltarlo.
- Per via della Messa era molto severo – torna la parola a Irmo. – Dieci minuti prima che cominciasse la Messa, si metteva in cima della scalinata della chiesa e sollecitava le persone che stavano salendo, battendosi le mani e dicendo: “Dài, sbrigati!”. Perché voleva che la gente avesse il tempo per preparasi bene alla Messa.
Racconta la signora Faganello che una volta ha fatto un po’ di ritardo alla Messa e alla distribuzione della S. Comunione don Luigi automaticamente l’ha saltata. Niente e nessuno gli sfuggiva e se, al suo giudizio, qualcuno non era ben preparato alla Messa, non poteva fare la S. Comunione.
Un altro episodio aggiunge Pinetta:
- Appena arrivato a Fonte, le donne cominciavano a chiamarlo: don Luigi così! Don Luigi colà! A un certo punto, scocciato da esser chiamato don Luigi, ha detto: “Guardate che la chiesa di Fonte è chiesa arcipretale, quindi il parroco è arciprete.” Da allora lo chiamavamo “Signor Arciprete!”.
- Al primo conflitto mondiale don Luigi Ceccato era rimasto ferito, si vedevano le cicatrici sulla testa ma rinunciava alla pensione di guerra che l’avrebbe spettato. Per la propria esperienza bellica e per la sua sensibilità, durante e dopo la seconda guerra mondiale, è sempre stato molto vicino ai militari e alle loro famiglie – testimoniano i Faganello. Ha voluto consacrare tutti i soldati parrocchiani al Sacro Cuore di Gesù. Alle famiglie che avevano un caduto, a volte addirittura per un mese non aveva il coraggio di comunicare la morte del parente, del figlio, di solito. Il primo caduto della parrocchia era il fratello della signora Pinetta e da allora don Luigi accompagnava la famiglia con sentimenti non solo di stima ma di tenerezza. I soldi, poi, che in questa circostanza sono tornati dal fronte, li ha investiti nella riparazione dell’organo.
- L’ultimo matrimonio celebrato da don Luigi è stato il nostro – ricorda la signora Pinetta. È mancato alcuni mesi dopo. Stava andando in bicicletta a Castelfranco per trovare un parrocchiano malato all’ospedale. Aveva il rosario in mano; pregava, sfruttando il tempo della lunga pedalata. L’infarto ha troncato il suo viaggio di carità e la sua stessa vita. Era il cappellano di Casoni che lo assisteva. Era come se don Luigi Ceccato gli consegnasse la parrocchia. Infatti, il nuovo parroco di Fonte è stato proprio lui: don Luigi Netto.
a cura di Katinka
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Vedo una figura decisa, autorevole, che esce dalla canonica per salire alla chiesa con un grosso libro in mano.
Vedo un bravo ma severo predicatore che, durante l’omelia, sempre preparata ed efficace, preso dalla foga e dalle sue ferree convinzioni, dall’altare maggiore dove ha iniziato a parlare, piano piano, soffermandosi qua e là, fra i banchi della navata principale, scende fino quasi all’entrata della chiesa, come per servirsi anche dei suoi passi per aprire le nostre menti e illuminare i nostri animi con la Parola del Vangelo.. Tanto grande è il suo fervore!
Sono i miei ricordi di don Luigi Ceccato, ricordi di una timida bambina dai 7 ai 10 anni, appena trasferitasi a Fonte, ancora spaesata, che lentamente inizia a conoscere gli abitanti del suo nuovo paese.
La morte improvvisa di don Luigi colpì il cuore di tutti. Avvenne 50 anni fa per infarto cardiaco, sulla via S. Pio X, in località Castelfranco Veneto, davanti al Capitello della Madonna Addolorata, mentre in bicicletta, con la corona del rosario, si recava all’ospedale a visitare gli ammalati.
Mia madre, che, fuori della sua casa, quel giorno lo vide passare, serba nell’animo quel suo ultimo saluto.
In questi giorni, grazie al nostro parroco, che, attraverso vari documenti, sta ricostruendo la storia sacerdotale di don Luigi, in occasione del cinquantenario della sua morte, ho visto fotografie, ho letto testimonianze di fontesi e di persone a lui vicine. Ho trovato negli scaffali anche un suo libro: “Il tipo specifico della Chiesa Cattolica” scritto da lui, ma nella riedizione del 1995 da parte dei suoi nipoti e ne ho letto qualche pagina. Ora comincio a conoscerlo più profondamente.
Uomo di grande e forte tempra, vissuto fra gli orrori della guerra e le difficoltà della ripresa del dopo guerra.
Persona erudita, colta, e, per questo, allora forse un po’ incompresa.
Sacerdote, di grande fede, consapevole del suo compito. “Il prete…ha una missione sublime di amore da compiere sulla terra sterile ed ingrata di cui è il sale…”(Così scrive, tra l’altro, in quel libro su accennato).
Molto attento ai poveri e alle necessità della popolazione, in particolare dei giovani che dovevano inserirsi nel mondo del lavoro.
Ora vedo una vita dedicata al bene delle persone, una vita di amore…
Ancora egli scrive:”…Un cuore, dove regni sovrano un puro amore di Dio e del prossimo, non ha nulla da temere della vita, delle sue sorprese, delle sue traversìe, delle sue ambasce, delle sue sciagure fulminee: egli trova in questo sentimento, che lo avviva e lo infiamma, la forza di poter reggere alle prove aspre e più dure, capaci di abbattere qualsiasi spirito”.
Ricordo una notte particolare, chiassosa e movimentata: i campanari della parrocchia ed altri amici andarono di loro iniziativa a mezzanotte a suonare le campane, forse per una bravata. Don Luigi Ceccato, preoccupatosi uscì dalla canonica, si avviò di corsa verso la chiesa, salì i primi gradini del campanile e, raggiunto il gruppo di amici, li costrinse a smettere di suonare e a scendere con lui in canonica, chiedendo loro spiegazioni. Per giustificarsi, essi iniziarono prima ad accusarsi a vicenda, poi a litigare per tutto il cammino e, giunti al piazzale antistante la canonica, passarono presto alle mani.
Don Erasmo, allora cappellano, per calmare la rissa, prese la bicicletta per andare a chiamare i carabinieri,però uno di loro non glielo permise trattenendolo per la sella.Alla fine si calmarono e ognuno tornò alla propria casa.
In una messa di una domenica durante l’omelia di don Luigi,un parrocchiano si alzò in piedi e, facendo correzione al parroco, disse:”Sbaglio”.Il parroco, allora, con braccio teso e l’indice puntato verso la porta, gridò: “Fuori i profanatori dal tempio”. Il parrocchiano uscendo dalla chiesa, disse: “E io per primo me ne vado”. Il giorno dopo don Luigi si recò a casa di quel parrocchiano e gli chiese scusa.
Per chi lo ricorda Don Luigi è stato un parroco un po’ burbero ed impulsivo, ma capace di mettersi in discussione e quindi aperto al dialogo.Sempre pronto, inoltre, ad aiutare chi aveva bisogno