DICO PACS

 

Alcune considerazioni sono opportune di fronte al dibattito che da vario tempo in Italia riguarda il tema delle coppie di fatto, ossia di quanti hanno dato vita ad una convivenza di tipo coniugale senza dare una sanzione giuridica al loro rapporto. In questi ultimi giorni il tema ha offerto ancor maggiori occasioni di discutere dal momento che il governo ha presentato un disegno di legge teso a regolamentare diritti e doveri dei conviventi (Dico) che altrove si chiamano Pacs. Come Chiesa e come cattolici riteniamo di puntualizzare alcuni aspetti del problema rispondendo alle obiezioni che da parte laicista ci vengono rivolte.

Si dice: “Regolamentando le convivenze di fatto non si toglie nulla alla famiglia tradizionale e tanto meno a quella fondata sul sacramento del matrimonio. Lo dimostra quanto avviene in altri paesi dove una simile legislazione esiste e la famiglia non è affatto in crisi”. Rispondiamo: Una qualsiasi legge fa cultura e induce a nuovi comportamenti. Nella fattispecie si rende istituzionale un tipo di convivenza che comporta tanti diritti e pochi doveri con tanti saluti alla responsabilità che viceversa si richiede a chi sceglie un matrimonio giuridicamente riconosciuto, concordatario o civile che sia. Gli effetti difficilmente si vedranno domattina, ma sui tempi medio lunghi si potrebbe profilare una famiglia sempre più fragile con le conseguenze facilmente immaginabili sul piano della devianza sociale con relativi costi per tutti.

Si dice: “La Chiesa interferisce sull’indipendenza della sfera politica facendo pressione sulle istituzioni quali Governo e Parlamento attraverso i cattolici che vi sono rappresentati per ostacolare una legislazione sulle coppie di fatto.”. E’, in forma aggiornata, il vecchio detto massonico “Il prete se ne stia in sacristia”. E potremmo aggiungere “soprattutto quando fa comodo”. Chissà perché la Chiesa non viene mai accusata di interferenza quando, giustamente, si dice contraria a interventi militari a cui anche il nostro paese partecipa ed ha partecipato! Anzi ne viene apprezzato il Magistero. In realtà, quando la Chiesa si rivolge ai credenti dentro e fuori le istituzioni politiche, non fa che il suo dovere. Sarebbe da diffidare di lei se non lo facesse dato che il suo compito è quello di illuminare le coscienze alla luce del Vangelo. Già. A parole anche i sacerdoti e le sacerdotesse del nostrano laicismo riconoscono questo diritto, ma non quello di influenzare i cattolici che sono nelle istituzioni. Insomma la Chiesa ha diritto di parola purché taccia o dica ciò che piace al pensiero dominante.

Ai cattolici si dice ancora: “La legge non vi obbliga a scegliere la convivenza, voi potete scegliere il matrimonio, ma non potete imporre a chi non se la sente di sposarsi di fare altrimenti”. E’ la stessa campana di chi diceva  a suo tempo: “Nessuna legge vi obbliga a divorziare ecc. ecc. Nessuna legge vi obbliga ad abortire ecc. ecc.”  E’ un ragionamento affascinante ma capzioso. Proviamo ad impostare il problema diversamente. In democrazia ciascuno presenta una sua proposta e sostiene un suo punto di vista. Ci si confronta, si vota e passa ciò che ottiene il consenso della maggioranza. O no?

Anche tra i credenti alcuni si definiscono cattolici “adulti” che proclamano la loro libertà da qualsiasi magistero della Chiesa e, laicamente, decidono secondo coscienza sui temi etici come quello attualmente dibattuto. Si potrebbe rispondere: a termini di Vangelo esiste il cristiano adulto? O non è detto espressamente il contrario “se non diventerete come fanciulli… ecc. ecc.”? Quanto alla conclamata libertà di coscienza, la Chiesa non ha sempre insegnato che è la coscienza personale che su ogni nostra decisione ha l’ultima parola? E allora non c’è nessun dominio delle coscienze le quali però, a lume di buon senso, si dovrà pur riconoscere che dovranno essere formate e illuminate. Per il cristiano lo saranno alla luce di quella Parola di cui la Chiesa è depositaria.

Sono solo poche riflessioni tra le tante che si potrebbero fare in questi giorni di dibattito tanto acceso.

Pietro