HO LETTO UN LIBRO:

“IL CACCIATORE DI AQUILONI”

 

Il libro di questo mese è un best seller un po’ particolare, perché, come “L’ombra del Vento”, che vi avevamo presentato negli scorsi numeri, è diventato famoso non tanto per la promozione e la pubblicità voluta dall’editore, quanto per il passaparola avvenuto fra i lettori. E questa è già di per sé un’ottima di garanzia!

Si tratta de “Il Cacciatore di Aquiloni”, il primo romanzo dello scrittore americano, ma di origine afgana, Khaled Hosseini, pubblicato in Italia da Edizioni Piemme nel 2004, al prezzo di 14 euro per l’edizione economica.

Il cacciatore di aquiloni narra la storia di Amir, un ragazzo afgano pashtun di Kabul e del suo senso di colpa per aver tradito il suo amico d'infanzia, Hassan, figlio del suo servo hazara. Sullo sfondo della trama principale ci sono trent’anni di storia afgana, dalla fine della monarchia all’invasione russa, dal regime dei Talebani fino ai giorni nostri.

Ed il titolo del romanzo vuol ricordare l’Afganistan nel tempo in cui Kabul era una città in cui volavano gli aquiloni e in cui i bambini davano loro la caccia. Amir e Hassan hanno trascorso lì la loro infanzia felice e formavano una coppia eccezionale nei tornei cittadini di combattimenti tra aquiloni. Niente al mondo però può cambiare certi dati di fatto: l’uno pashtun, l’altro hazara; l’uno sunnita, l’altro sciita; l’uno padrone, l’altro servo.

«Sono diventato la persona che sono oggi all'età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.  »

Queste le parole di Amir adulto che vive da ormai vent’anni in America, dove è fuggito con il padre. E, quando una telefonata inaspettata lo raggiunge a San Francisco, comprende che deve partire e tornare a casa. Un viaggio di ritorno, un viaggio dentro di sé, un viaggio di espiazione, un viaggio di riscatto.

Ad attenderlo non ci sono però solo i rimorsi e i fantasmi della sua coscienza; quella che una volta era casa e patria è ora una landa desolata, terra di relitti umani e di donne invisibili la cui bellezza non esiste più. Qui avere un padre o un fratello, dopo gli indiscriminati stermini dei talebani, è una vera rarità; qui regnano ormai sgomento e terrore, paura e morte.

E’ una storia di padri e figli, di amicizia e tradimento, di rimorso e redenzione, di fughe e ritorni sullo sfondo di un Afghanistan schiacciato dalla morsa sovietica prima e dai talebani poi.

Ma al di là del fatto non certo secondario che questo libro è un romanzo emozionante, pieno d’atmosfera, facile da leggere, scorrevole e intrigante nei suoi colpi di scena e nell’evolversi della storia, Il Cacciatore di aquiloni meriterebbe di essere letto anche perchè racconta in modo semplice ed allo stesso tempo crudo e veritiero una realtà completamente diversa e lontana dalla nostra; ci presenta l’Afganistan prima della guerra, una terra ricca di colori e sapori e l’Afganistan di oggi, il Paese delle lapidazioni, delle condanne a morte che vengono eseguite negli stadi, perché la gente possa vedere e soprattutto ricordare, il paese in cui se rubi ti tagliano la mano e in cui le donne sono proprietà esclusiva del loro marito e nessuno le può vedere, nascoste dietro il burqa; ci spiega l’Islam non fondamentalista, nel personaggio di Baba, il padre di Amir: credente “moderato”, molto più vicino a noi nel modo di credere, osservare e pregare rispetto allo stereotipo dell’islamico credente che si è ormai creato nella nostra società.

Insomma, proprio un bel libro: commovente, avvincente, emozionante, attuale e semplice.

 

 

 

 

Roberta