Prime comunioni, cresime, matrimoni

E’ la primavera. In particolare questi due mesi di maggio e aprile sono da sempre il periodo in cui si ricorre ai tre importanti sacramenti dell’Eucaristia, della Confermazione e del Matrimonio. Si dovrebbe (ma il condizionale è d’obbligo) trattare di eventi che segnano importanti tappe nel cammino della formazione spirituale e cristiana di una persona. Ma spesso si trasformano in occasioni di consumismo se non di spreco, salvo poi dimenticare rapidamente il vero significato del Sacramento. Ne vogliamo una dimostrazione? Provate a vedere quanti dei nostri ragazzi, dopo la cresima, veramente confermano la loro fede e si avviano verso una sua consapevole acquisizione. Ben che vada riescono ancora a frequentare qualche messa domenicale, se non finiscono per abbandonare del tutto ogni pratica religiosa per poi magari ripresentarsi dal parroco a chiedere il matrimonio in chiesa quando e se arriva il momento (dopo congruo periodo di convivenza – beninteso - per vedere se funziona, perché – si dice – piuttosto che succeda dopo è meglio lasciarsi quando non c’è alcun vincolo). D’altra parte, a volte il difetto, come si suol dire, sta nel manico. Nel senso che vengono  a mancare gli esempi di testimonianza cristiana da parte degli adulti stessi. E’ difficile che un ragazzo concepisca prima comunione, cresima, matrimonio come altrettante tappe di formazione cristiana se sono gli adulti, i genitori in primis, a considerarle come occasioni per far festa o per esibire un proprio preteso status symbol.

Lo vediamo bene in questo periodo in cui, per prima cosa c’è la corsa ad accaparrarsi il ristorante, i fiori, il vestito e quant’altro. L’esigenza di apparire piuttosto che di essere ha la prevalenza su tutto. Non c’è crisi che tenga, perché – così si dice – prima comunione, cresima, matrimonio si fanno una sola volta nella vita. Quindi scialare è un po’ il prezzo che la mentalità consumistica impone.  Ovvio perciò che i nostri figli non possono che dare anche loro una lettura in termini consumistici di quelle che dovrebbero essere tappe di ben altro valore. Ben vengano, certo, le catechesi che la Chiesa esige in preparazione a questi sacramenti, ma c’è il rischio che anche questa sia recepita come una formalità burocratica da sbrigare se, a monte, non c’è qualcos’altro. E il qualcos’altro è la famiglia e, più in generale, noi adulti. Infatti i bambini e i ragazzi ci guardano, per quanto li consideriamo distratti e incapaci di riflettere bombardati come sono da mille messaggi, e assumono come modelli i nostri comportamenti che sono per loro la prima vera catechesi. Mi è capitato di sentire più di qualche genitore lamentare la fatica di indurre il figlio adolescente a frequentare la messa, ma, gratta gratta, ho sempre scoperto che il genitore stesso non ci andava o (e forse era ancora peggio) arrivava ad accompagnare il figlio fino alla porta della chiesa per poi andarsene per i fatti suoi.

Queste poche riflessioni non intendono certo essere un invito ad escludere l’aspetto anche materiale della festa (anche il corpo vuole la sua parte!) ma semplicemente a stabilire delle priorità in cui un posto importante potesse avere la sobrietà la quale è più in sintonia con il significato del Sacramento che si sta per ricevere.

 

Pietro